Il percorso che ha portato all’esecuzione di acromionplastica selettiva artroscopica, o meglio “decompressione sub acromiale”, inizia verso la fine degli anni ’30 con la descrizione di acromiectomia completa (Watson-Jones ’39; Armstrong ’49 e Hammond ’42), radicale (Smith-Petersen),e laterale (Mc Laughlin). Proposta pure una osteotomia di abbassamento della glenoide (Stamm ’62). Si inizia poi a parlare tra il ’60 e il ’70 della S. del legamento coraco acromiale (C.-A.) (Bateman; Pujadas) per giungere quindi a Neer nel ’72, che evidenzia la responsabilità dell’1/3 anteriore dell’acromion, del legamento C.-A. e dell’articolazione acromion claveare nella sindrome da conflitto sub-acromiale, il quale trattamento era l’acromionplastica anteriore. Neer riporta a tal riguardo una revisione casistica (on the disavantage of acomionectomy: Neer C.:J.B.J.S, 1981) di un’elevata percentuale di fallimenti in casi di acromiectomia e nel ’85 pone la definizione di restringimento del defilè del sovraspinoso.
Si deve attendere la metà degli anni ottanta per vedere pubblicati i primi lavori sull’acromionplastica artroscopica (Johnson ’86, Ellman ’87, Esch, Paulos e Franklin…)
Fondamentalmente sono state descritte due tecniche artroscopiche:
una che prevede l’utilizzo del motorizzato dal portale laterale e l’ottica da posteriore, l’altra (Simpson ’91), che comunque ha un tempo iniziale laterale, dove il motorizzato (nel portale posteriore) si avvale della superficie inferiore dell’acromion come maschera guida di taglio “cutting block tecnique”.
Quando praticare l’acromion plastica
Tale quesito è oggi di grande attualità ed oggetto di grande discussione. Se da un lato abbiamo assistito in questi anni ad una sorta di “boom ascensionale” nella sua pratica, confortati dai buoni risultati a breve termine, dall’altro l’abuso di tale tecnica ed il suo utilizzo indiscriminato, ha creato grande confusione sulla sua reale utilità sia come gesto di routine in tutte le artroscopie per spalle dolorose inquadrate come “conflitto acromion omerale”, sia come gesto associato in riparazioni di cuffia per “proteggere le suture tendinee” tanto che oggi, alla luce di numerose revisioni casistiche con follow up elevati, si coglie un’iniziale inversione di tendenza, dove viene rivalutata l’integrità dell’arco coraco acromiale e soprattutto del legamento CA, ponendo estrema attenzione a tale pratica limitandola solo a casi selezionati (Lazaros nel 2000 su 43 pz. e follow up a 36 mesi riporta che l’acromionplastica fatta o non fatta su lesioni di cuffia non varia i risultati sulla riparazione; Goldberg nel 2001 riporta risultati migliori nei pazienti con sutura di cuffia in assenza di acromion plastica.
A tal punto quando parliamo di “Conflitto acromion omerale” e quindi di condizione che può portare ad una sofferenza della cuffia tendinea, CLB, e delle strutture sovrastanti, (borsa) dobbiamo individuare la precisa eziologia.
Il conflitto primario si instaura fondamentalmente a seguito di cause estrinseche al tendine consistenti in alterazioni scheletriche, che possono essere funzionali, alterando il ritmo scapolo-omerale (anomala posizione o alterato movimento) e strutturali, a carico dell’acromion (bipartito, esiti di fratture, uncinato), della coracoide (anomalie congenite, esiti di fratture), dell’acromion claveare (prev. in artrosi) e del trochite (vizi di consolidazione). Inoltre da alterazioni capsulo legamentose. Tali pazienti sono prevalentemente anziani o possono presentare una forma più o meno uncinata dell’acromion (class. Di Bigliani fig.1) o uno spessore acromiale aumentato (class. Si Snyder fig.2).
(fig.1) (fig.2)
E’ proprio in questi casi, con possibilità di avere rotture di cuffia riparabili associate o a rischio di rotture secondarie che l’acromionplastica può trovare un’indicazione elettiva.
Il conflitto secondario propone (descritto nelle teorie di Coodman) di base una tendinopatia degenerativa con iperplasia angiofibroblastica del tessuto che, anche in funzione di un’ipotonia muscolare correlata, limita e riduce l’effetto depressivo della cuffia con successiva risalita della testa omerale e conflitto con l’arco CA. Tale considerazione può essere estesa anche ai casi di instabilità (o microinstabilità in iperlassi) gleno omerale che può portare alla traslazione anteriore e/o antero superiore della testa con relativo conflitto con il legamento C.A. e l’acromion (Jobe). Questo tipo è presente soprattutto in pazienti giovani, dediti a sport o lavoro di tipo “Over Head”, e dove fossero presenti solo segni di conflitto in assenza di alterazioni ossee acromiali l’indicazione sarebbe eventualmente solo di stabilizzazione. Se invece fossero presenti alterazioni acromiali,ad es. un acromion tipo II o III di Bigliani, l’acromionplastica associata alla stabilizzazione può essere praticata.
E’ stato riportato in molti lavori come, nelle persone anziane, la riparazione della lesione di cuffia associata ad acromionplastica abbia avuto risultati migliori nei confronti della sola riparazione. Tali report non vanno comunque assunti in modo assoluto. Nel recente congresso della Società Italiana della Spalla e del Gomito, Walch riporta, in casistiche di acromionplastiche su lesioni massive di cuffia sia riparate che non, un decremento dei risultati all’aumentare del follow up, passando dai soddidfacenti nel 90% dei casi a 6 mesi ad un 68% a 4 anni. Non si può comunque dare per certo la responsabilità o all’acromionplastica o al progressivo cedimento che rende nuovamente insufficiente la cuffia riparata con decremento dei risultati.
Come eseguire e quanto
Tale procedura, sia che venga eseguita come unico trattamento sia come gesto associato ad una riparazione artroscopica di cuffia, deve essere preceduta da un planning pre operatorio. Questa valutazione permette di stabilire esattamente l’ammontare della resezione ossea che verrà poi praticata; è necessario avere una radiografia in proiezione “Outlet View” sulla quale viene evidenziato il profilo acromiale e dell’acromion claveare poi si traccia una linea tangente al bordo inferiore dell’acromion. L’area sottesa a tale linea è quella da asportare, può essere misurata e quindi conoscendo la misura in mm della fresa da osso che useremo sarà possibile essere molto precisi tenendo conto anche dello spessore acromiale (fig.3).
(fig.3)
A questo punto si procede alla chirurgia artroscopica: il paziente può essere posizionato sia in posizione seduta “beach chair” che in decubito laterale. I portali necessari sono prevalentemente due, quello standard posteriore che si pratica a circa 2 cm inf. e 2 cm medialmente dall’angolo postero laterale dell’acromion e quello laterale eseguito a 3-4 cm distalmente dal bordo laterale dell’acromion, un po’ anteriore rispetto alla linea che proietta verso il deltoide il bordo posteriore della clavicola nella A.-C.(fig.4)
(fig.4)
Inizialmente si esegue sempre una prima artroscopia propedeutica per una diagnostica gleno omerale, dopodichè si passa con l’ottica, sempre dal portale posteriore, nello spazio sub acromiale. Si pratica con il motorizzato e/o lo strumento a radiofrequenza (ablatore) una pulizia/debridement dei tessuti bursali per avere così una buona visualizzazione del legamento CA, dell’acromion, A-C e della cuffia tendinea.
Nella nostra pratica, l’uso del motorizzato avviene senza un’aspirazione attiva ma per caduta, onde evitare eccessive perdite di pressione con relativo scadimento della visibilità. A tal riguardo si vuole porre l’attenzione sull’utilità della pompa che deve essere usata ed impostata non solo per mantenere una pressione differenziale con la sistolica sempre inferiore ai 50 mm Hg ma per avere un monitoraggio preciso e continuo all’interno della spalla evitando eccessi pressori (Morrison DS, Arthroscopy 1995).
A questo punto si ha la possibilità di identificare il profilo latero-antero-mediale dell’acromion esponendolo delicatamente e scollando, inizialmente con l’ablatore, i tessuti molli limitrofi. In questa fase estrema attenzione va posta a non staccare completamente, quando possibile, il leg. CA e a non ledere la fascia deltoidea (rischio un’imbibizione di liquidi importante e rapida della spalla).A tal proposito va ricordato che nell’area di inserzione acromiale del leg. CA,5-8 mm, soprattutto antero-laterale, decorre il ramo acromiale dell’arteria toraco acromiale che se viene leso è necessaria una rapida coagulazione con l’ablatore per evitare la perdita completa della visione. Dopo avere identificato e isolato l’area acromiale si procede all’esecuzione di 1 solco ad L con una fresa “burr” (a palla o ad oliva) (fig5). La prima è una branca esterna a partenza dall’angolo antero laterale e diretta posteriormente per cira 1,5 cm, da tal punto si esegue la seconda branca diretta da laterale a mediale, entrambi profondi tra i 3 e 4 mm.
(fig.5)
Si viene cosi a delimitare “l’area acromiale anteriore” da resecare.
Questa operazione può essere eseguita completamente dal portale laterale “tecnica classica” o completando la fase laterale con quella posteriore descritta da Sampson nel 1991 dove l’acromion posteriore viene utilizzato come blocco di taglio “Cutting Block”.(fig.6)
(fig.6)
Con la tecnica classica si deve avere l’accortezza di non fresare eccessivamente nel centro dell’area definita prima onde evitare resezioni a cupola che, oltre a non togliere il conflitto anteriore, fanno indebolire l’acromion con il rischio di fratture iatrogene intra o post operatorie.E’ sempre bene rifinire prima i bordi, esponendo uniformomemnte il periostio e poi portarsi centralmente e posteriormente con movimenti oscillanti molto dolci. In questa fase può essere utile utilizzare il motorizzato con rotazione inversa al senso del taglio per evitare resezioni puntiformi profonde con la formazione di “buchi” ed eventualmente meglio frese di grandi dimensioni cilindriche anzichè piccole e a palla.
Se si vuole utilizzare invece la “cutting block tecnique”, dopo la fase laterale comune, si pone l’ottica nel portale laterale e la fresa in quello posteriore appoggiandola sulla superficie inferiore dell’acromion che verrà utilizzata come maschera di taglio. Accortezza và tenuta a non verticalizzare troppo la fresa per non correre il rischio di resezioni troppo posteriori (fig.7).
(fig.7)
Nel caso in cui per esigenza locale o per volontà si debba distaccare completamente il legamento coraco acromiale, è bene esciderne una buona quantità, almeno 1-1,5 cm onde evitare il suo riformarsi (Hansen e Copeland, JSES 2004) con aderenze fibrose, consistenza e spessore aumentato, rischio di recidive dolorose e nuovamente conflitto SA.
Una situazione che può inoltre presentarsi è se, dopo una decompressione sub-acromiale il gradino con la clavicola risultasse maggiore di 5-7 mm e in prova dinamica l’articolazione risultasse aperta, si potrà procedere con una resezione Co-planare della clavicola.
Se poi il paziente presentasse in associazione al conflitto subacromiale, una artrosi dell’acromion claveare con un’ipertrofia marcata dell’articolazione, può essere eseguita una resezione dell’estremo laterale claveare (Mumford Procedure).